Quante volte abbiamo avuto modo di sperimentare sulla nostra pelle l’efficacia di questo strumento d’attacco.. Probabilmente più di quanto non avremmo voluto. Ma il pungiglione delle api è un esempio di evoluzione che chiunque può osservare.
Il pungiglione delle api è un esempio di evoluzione che chiunque può osservare. #DarwinDayclicca per twittare
COS'É IL PUNGIGLIONE
Il pungiglione è l’arma di cui sono dotate le api. Strumento di difesa o di attacco è costituito da diverse parti: ghiandola del veleno (gland), sacca del veleno (venom sack), diversi muscoli associati (muscle), il bulbo velenifero (venom bulb), due pompe interne al bulbo velenifero (venom pump) e tre punte acuminate, una per ciascuna lama scorrevole (serrated digging blade) e la terza per la guida su cui scorrono le due lame (stabilizing rod).
La combinazione delle lame e della loro guida forma un vero e proprio ago con cui l’ape inietta il veleno nel suo bersaglio.
Il pungiglione dell'ape © statedclearly.com
Se l’alveare è aggredito da altri insetti, le api si difendono egregiamente pungendo ripetutamente gli invasori con il pungiglione.
Tuttavia quando il problema è un animale più grande dall’epidermide elastica, ad esempio l’uomo, le lame scorrevoli rimangono incastrate all’interno della pelle. Nel tentativo di liberarsi, l’ape si eviscera lasciando sul posto tutto il pungiglione che, ancora funzionante, proseguirà a iniettare veleno fino al suo esaurimento.
Ma com’è evoluto il pungiglione delle api?
Come abbiamo visto la struttura del pungiglione è molto complessa. Le sue diverse componenti devono essere in grado di lavorare bene tra loro per garantirne l’efficienza.
Proviamo ad ipotizzare che le diverse parti che compongono il pungiglione si siano evolute indipendentemente.
I cambiamenti evolutivi avvengono in modo graduale e diventano parte integrante del patrimonio genetico di una popolazione nel momento in cui, alla loro comparsa, garantiscono un vantaggio nella lotta alla sopravvivenza.
Nel caso del pungiglione stiamo parlando della “comparsa” di diverse componenti, non una soltanto. Sembra difficile immaginare che ognuna di queste parti si sia indipendentemente evoluta per arrivare a costituire nell’insieme proprio un pungiglione o quantomeno questa ipotesi sembra altamente improbabile.
In ambito scientifico si sente spesso parlare del principio del rasoio di Occam:
A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire
- Guglielmo di Occam
É possibile che ci sia un’ipotesi più semplice per spiegare la comparsa del pungiglione?
L’evoluzione spesso comporta un piccolo cambiamento in una struttura preesistente e il pungiglione è una struttura osservabile in diversi insetti.
C’era qualcosa prima della comparsa del pungiglione? Cosa potremmo trovare se cercassimo degli indizi tra gli altri insetti senza pungiglione, magari prossimi alle api?
Andando a ritroso nella filogenesi degli insetti ci potremmo rendere conto della presenza di una struttura anatomica molto simile a quella del pungiglione: l’ovopositore.
Nella parte terminale del loro addome le femmine di diverse specie di insetti sono dotate di un ovopositore, un organo genitale esterno la cui morfologia varia da specie a specie mantenendo però sempre la stessa funzione: permettere alla femmina di depositare le uova.
Se poi osservassimo da vicino le componenti di un ovopositore ci accorgeremmo della presenza di un insieme di elementi molto vicini a quelli di un pungiglione, ad esempio delle valvole con una muscolatura associata, delle punte necessarie per depositare le uova in situ..
É possibile che sia proprio l’ovopositore ad essersi modificato in un pungiglione?
Se avessimo ragione dovremmo riuscire a trovare un ovopositore molto simile ad un pungiglione. Passando in rassegna i diversi gruppi di insetti dotati di ovopositori ci renderemmo probabilmente conto delle grandi diversità di substrati sui o all’interno dei quali le uova degli insetti si accrescono.
Drosophila melanogaster è conosciuto come il moscerino della frutta proprio perché le femmine depongono le loro uova nella frutta o altri materiali organici ma, altri insetti possono aver bisogno di carne fresca e per questo depositano le loro uova all’interno di un altro individuo (parassitoidi).
É chiaro quindi che le pressioni selettive che avranno portato a questi due scenari così diversi tra loro non saranno state le stesse, anzi. Nello scenario dei parassitoidi, dovendo inserire le uova in un animale vivo è probabile che questi insetti abbiano evoluto una maggiore muscolatura per bloccare la loro vittima oppure delle sostanze, come una tossina, da iniettare nel malcapitato durante la deposizione delle uova, magari per paralizzarlo e rendersi la vita più semplice. La Selezione Naturale avrebbe di certo favorito questi adattamenti o parte di essi.
Nel 2013 uno studio basato sull’analisi del genoma di vari insetti dotati di aculeo dell’ordine degli Imenotteri è riuscito a svelare le relazioni di discendenza tra di essi. Vediamole in dettaglio con la figura qui sotto.
L’evoluzione degli Imenotteri dotati di aculeo © Brian R. Johnson
Questo che vedi qui sopra è un albero di filogenesi che racchiude le relazioni di parentela tra queste specie. Le linee verdi indicano uno stile di vita parassitoide, le linee gialle insetti capaci di costruire il nido e predatori (includendo sia onnivori sia pollinivori), gli asterischi indicano un comportamento eusociale (insetti che vivono cooperando nella sopravvivenza di una società strutturata in colonie).
Guardiamo insieme quest’albero: alla sua base (la sinistra della figura) incontriamo i Crìsidi, un gruppo di insetti cosmopoliti comprendente cleptoparassiti (rubano le provviste dell’ospite) e parassitoidi di altri Imenotteri.
L’antenato dell’ape con tutta probabilità era una vespa ectoparassitoide dotata di ovopositore capace di attaccare e paralizzare un ospite nella sua tana, all’interno della quale poi deponeva le sue uova. É da quest’antica vespa che si sono originate due linee principali, quella che ha condotto alle api e le formiche, e quella che ha portato ai Vespidae. La predazione attiva richiedeva una muscolatura maggiore per il trasporto delle prede, serviva un nido dove poterle riporre e, per alcuni comparivano le cure parentali. Solo molto più avanti si sarebbero evolute abitudini alimentari differenti (pollinivori).
Non sei convinto? Pensa alle api.
Un ovopositore è un organo genitale esterno presente nelle femmine di diverse specie di insetti che serve a deporre le uova.
In un alveare è proprio la regina a deporre le uova, una femmina. Gli individui capaci di pungere sono le api operaie, femmine anch’esse. Gli unici sprovvisti di un apparato analogo sono i fuchi, i maschi della famiglia che, in quanto maschi non sono dotati di ovopositore/pungiglione.
Sarà un caso? Secondo Occam no.
BIBLIOGRAFIA
- Winston M. L. (1991). The Biology of the Honey Bee. Cambridge, USA: Harvard University Press.
- Brian R. Johnson et al. (2013). Phylogenomics Resolves Evolutionary Relationships among Ants, Bees, and Wasps. Current Biology , Volume 23 , Issue 20 , 2058 - 2062.
- Zi-Long Zhao et al. (2015). Structures, properties, and functions of the stings of honey bees and paper wasps: a comparative study. Biol. Open. Jul 15; 4(7): 921–928.